Cannes 2 - Zodiac
David Fincher dimostra di essere sempre un ottimo regista, ce lo ha mostrato in Se7en o Fight Club e nel sottovalutato Panic Room. Il suo ultimo film presentato i primi giorni a Cannes, e in concorso per la Palma d'oro, però non riesce a convincere sin nel profondo. Probabilmente risente del ritmo saltellante dato dalla sceneggiatura , sopratutto nella seconda parte; i personaggi si rincorrono, scompaiono, ricompaiono in un gioco all'inseguimento di un assassino, nemesi americana degli anni sessanta-settanta che tanti libri e film ha già ispirato. Assassino che gioca all'enigmista e che si diverte anche ad attribuirsi degli omicidi per mantenere una qualche visibilità. Tre i personaggi chiave, la cui ossessione per il serial-killer Zodiac rappresenta l'ossatura di un film anch'esso ossessionante e sporco (nel senso buono del termine). Siamo dalle parti di Se7en ma senza l'accoppiata Sommerset e Mills. Qui l'indagine è disintegrata in più venti anni e tre vite. Un giornalista di cronaca nera al Chronicle, impeccabile Robert Downey Jr. - la cosa migliore del film, un detective della omicidi, Mark Ruffalo, diventato icona ispiratrice del caso Scorpio di Callaghan, e un vignettista sempre al Chronicle, un Jake Gyllenhaal bravo ma stavolta al di sotto delle sue possibilità, vengono alternativamente coinvolti e allontanati dagli enigmi di Zodiac e ognuno di loro in qualche modo ne rimane bruciato. La sceneggiatura è solida ma non regge tutto il tempo scivolando talvolta in lungaggini e momenti di stanca francamente inutili. Magistrale come al solito la capacità di Fincher di rappresentare l'abisso degli omicidi e di costruire in chi guarda lo stesso terrore delle vittime, tra le sequenze emozionalmente più riuscite anche quella di una madre angosciata alla ricerca della bimba lanciata tra i rovi per sfuggire all'assassino, e anche una sequenza in una cantina da effetto claustrofobico. Mdp mai invasiva, scontata a volte - poche, sempre a servizio di immagini secche ed essenziali.
Nei giorni scorsi vari eventi a Cannes. La presentazione del, pare ottimo, film dei Cohen (No country for old men) - finalmente! Vedremo di parlarne presto. Anche il nuovo film di Ki Duk pare tornare verso Bin Jip dopo la parentesi non felicissima di Time, e qui aggiungerei esclamazioni di gioia. In ogni caso l'evento migliore dovrebbe essere stata la proiezione di Chacun son cinema, opera multimano (35) composta di 33 spezzoni (ci sono i fratelli Dardenne, amatissimi a Cannes, e i Cohen) di 3 minuti circa rappresentanti la visione personale sul cinema di altrettanti registi. I nomi si sprecano da Moretti a Van Sant passando per Kiarostami, Wong Kar Wai, Angelopoulos, Cronenberg, Jane Campion, Kitano (!!! uno degli episodi migliori, pare), Polanski, Von Trier, Yimou e via così, impossibile nominarli tutti quanti.
L'episodio di Kitano è la storia di un proiezionista imbranato, lo stesso Beat Takeshi, che nella sua incapacità brucia spesso le pellicole (dei suoi film!). Moretti, narcisista come sempre (!), lo seguiamo nei cinema romani in un tour presso vari sale della capitale, in un breve racconto sul cinema. Speriamo di vederlo presto da noi.
Film: Shichinin no samurai, 七人の侍 (I sette samurai) di Kurosawa Akira (e la sua versione Disney, A bug's life)
Musica: Glory box, Portishead
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